Negli ultimi decenni, il tema della narrazione è diventato un oggetto di indagine privilegiato. L’attenzione alla sfera narrativa si è talmente intensificata nell’intera comunità culturale che a partire dagli anni Novanta si situa una svolta capitale definita narrative turn (Kreiswirth 2005). Tale svolta ha investito gli ambiti più disparati e la narrazione sembra configurarsi come un centro di convergenza di discipline eterogenee. L’interesse per la narrazione tocca campi dell’esistenza che tradizionalmente sono stati definiti come ambiti dal carattere anarrativo: lo storytelling ridefinisce settori come il marketing in cui assume un ruolo centrale la creazione di universi narrativi intrisi di valori, significati, simboli che raccontano e comunicano il prodotto tentando di coinvolgere ed emozionare il pubblico; analogamente, la politica sembra travestirsi da racconto politico per generare un legame con gli elettori che faciliti una visione comune dei contenuti politici – come ha sostenuto Stanley Greenberg guardando alla campagna elettorale di John Kerry: «a narrative is the key to everything». Anche nell’ambito della scienza si evidenzia l’urgenza di includere la narrazione nelle categorie di analisi e presentazione dei dati scientifici: il legame tra scienza e narrazione – a partire dai miti e dalle leggende impiegati anticamente per illustrare modelli interpretativi e teorie sul funzionamento dei fenomeni – in passato si è rivelato solido e una riproposizione moderna di tale relazione non potrebbe che giovare alla comunità scientifica (si veda de Santillana & von Dechend 1969). Questo nuovo interesse per la dimensione narrativa si lega a un numero sempre maggiore di ricerche che ne sottolinea la rilevanza non soltanto come prodotto dell’attività umana ma anche come processo di comprensione ed elaborazione di modelli esplicativi della realtà. Una simile ipotesi ha implicazioni profonde sul tema della natura umana: se gli essere umani conoscono e strutturano il mondo secondo griglie di interpretazione il cui carattere è in larga parte narrativo, allora la narrazione è un tratto definitorio della natura umana (Thompson 2010). L’assunto metodologico da cui muove questo lavoro è che sia possibile combinare gli aspetti semiotici della narrazione con quelli prettamente aziendali e organizzativi delineando un modello unitario della dimensione narrativa. Il dibattito all’interno della sociologia del lavoro e delle organizzazioni ha visto di recente, lo svilupparsi di proposte di abbandono delle tradizionali lenti di analisi – incentrate quasi esclusivamente sulla dimensione macro-sociale del lavoro – in favore di categorie nuove, che consentano di interpretare diversamente il fenomeno del lavorare nella società post-industriale. L'attenzione sembra dunque spostarsi dall'obiettivo di fornire una descrizione “oggettiva” del mondo del lavoro e della struttura dell'occupazione, verso un ritrovato interesse alla dimensione analitica micro-sociale, volta alla comprensione dei vissuti di lavoratrici e lavoratori e del processo di attribuzione di senso che danno alle loro esperienze di vita quotidiana. È ormai abbastanza accettato che la narrazione sia una forma universale in cui le persone costruiscono, rappresentano e condividono esperienze (Bruner 1990). D'altra parte, l'esperienza dimostra quanto siano profonde le narrazioni culturali, quanto siano potenti le storie come agente di socializzazione e, al contrario, quanto rivelino quanto rivelino i valori, le credenze e i processi di pensiero di una determinata cultura o comunità. una determinata cultura o comunità. Le narrazioni non si limitano a fantasie o alla rappresentazione di sentimenti e esperienze inusuali, ma forniscono anche un processo intra e interpersonale fondamentale, attraverso il quale le persone danno un senso a sé stesse nel mondo. La narrazione è un'attività sociale profonda e, al contempo, un’attività privata potente. La prospettiva interorganizzativa mette in evidenza l'importanza vitale della comunicazione nella vita organizzativa in generale e nella formazione delle strategie in particolare. Secondo Czarniawska (1998), la vita quotidiana all'interno dell'organizzazione prende forma attraverso narrazioni ordinarie, in cui gli individui selezionano gli eventi, organizzano le temporalità, caratterizzano i personaggi chiave, costruiscono relazioni di identità, strutturano la loro esperienza e costruiscono e personaggi chiave, costruiscono relazioni di identità, strutturano la loro esperienza e costruiscono e trasformano le loro interpretazioni. e trasformano le loro interpretazioni. Basandosi sull'osservazione di Bruner secondo cui "esiste una disponibilità, o una predisposizione a organizzare l'esperienza in forma narrativa costruendo intrighi" (Bruner 1990), è plausibile ritenere che la continuità dell'esistenza possa essere compresa raccontando la stessa esistenza in un processo narrativo di costruzione dell'identità dell'altro. La logica di questo lavoro è di sistematizzazione della letteratura in tema di narrazione e organizzazioni, partendo da una scelta epistemologica chiara cioè l’idea che le narrazioni rappresentino una delle principali fonti di conoscenza dei contesti lavorativi e dei significati attribuiti al lavoro. All’origine di questa “svolta narrativa” è la convinzione che attraverso l’analisi delle diverse forme e modalità di narrare il lavoro sia possibile far emergere le letture soggettive e le rappresentazioni individuali, così come la costruzione sia di una conoscenza condivisa e intersoggettiva della realtà, sia di una cultura organizzativa forte e sostenibile (Poggio, Valastro, 2012). Le narrazioni e lo Storytelling rappresentano dunque, sempre più spesso, sia un importante oggetto di studi per la sociologia del lavoro e delle organizzazioni, sia un indispensabile strumento di analisi della vita quotidiana nei luoghi di lavoro (Czarniawska-Joerges, 1997; Poggio, 2004). Le narrazioni del lavoro e il lavoro come narrazione sottolineano in particolare come lavorare sia una attività che richiede competenze comunicative (Storytelling) e come le pratiche discorsive siano costitutive delle attività professionali e delle identità occupazionali di coloro che narrano (Bruni, Gherardi, 2007). Il lavoro di Isabella Bonacci e Danila Scarozza offre un contributo interessante al dibattito sugli studi organizzativi, ponendo l’attenzione su alcuni dei principali ambiti di rilevanza nello studio delle narrazioni organizzative, della cultura e delle identità lavorative narrativamente costruite.
La Narrazione nelle organizzazioni – Approcci teorici e ambiti applicativi
Scarozza Danila;
2023-01-01
Abstract
Negli ultimi decenni, il tema della narrazione è diventato un oggetto di indagine privilegiato. L’attenzione alla sfera narrativa si è talmente intensificata nell’intera comunità culturale che a partire dagli anni Novanta si situa una svolta capitale definita narrative turn (Kreiswirth 2005). Tale svolta ha investito gli ambiti più disparati e la narrazione sembra configurarsi come un centro di convergenza di discipline eterogenee. L’interesse per la narrazione tocca campi dell’esistenza che tradizionalmente sono stati definiti come ambiti dal carattere anarrativo: lo storytelling ridefinisce settori come il marketing in cui assume un ruolo centrale la creazione di universi narrativi intrisi di valori, significati, simboli che raccontano e comunicano il prodotto tentando di coinvolgere ed emozionare il pubblico; analogamente, la politica sembra travestirsi da racconto politico per generare un legame con gli elettori che faciliti una visione comune dei contenuti politici – come ha sostenuto Stanley Greenberg guardando alla campagna elettorale di John Kerry: «a narrative is the key to everything». Anche nell’ambito della scienza si evidenzia l’urgenza di includere la narrazione nelle categorie di analisi e presentazione dei dati scientifici: il legame tra scienza e narrazione – a partire dai miti e dalle leggende impiegati anticamente per illustrare modelli interpretativi e teorie sul funzionamento dei fenomeni – in passato si è rivelato solido e una riproposizione moderna di tale relazione non potrebbe che giovare alla comunità scientifica (si veda de Santillana & von Dechend 1969). Questo nuovo interesse per la dimensione narrativa si lega a un numero sempre maggiore di ricerche che ne sottolinea la rilevanza non soltanto come prodotto dell’attività umana ma anche come processo di comprensione ed elaborazione di modelli esplicativi della realtà. Una simile ipotesi ha implicazioni profonde sul tema della natura umana: se gli essere umani conoscono e strutturano il mondo secondo griglie di interpretazione il cui carattere è in larga parte narrativo, allora la narrazione è un tratto definitorio della natura umana (Thompson 2010). L’assunto metodologico da cui muove questo lavoro è che sia possibile combinare gli aspetti semiotici della narrazione con quelli prettamente aziendali e organizzativi delineando un modello unitario della dimensione narrativa. Il dibattito all’interno della sociologia del lavoro e delle organizzazioni ha visto di recente, lo svilupparsi di proposte di abbandono delle tradizionali lenti di analisi – incentrate quasi esclusivamente sulla dimensione macro-sociale del lavoro – in favore di categorie nuove, che consentano di interpretare diversamente il fenomeno del lavorare nella società post-industriale. L'attenzione sembra dunque spostarsi dall'obiettivo di fornire una descrizione “oggettiva” del mondo del lavoro e della struttura dell'occupazione, verso un ritrovato interesse alla dimensione analitica micro-sociale, volta alla comprensione dei vissuti di lavoratrici e lavoratori e del processo di attribuzione di senso che danno alle loro esperienze di vita quotidiana. È ormai abbastanza accettato che la narrazione sia una forma universale in cui le persone costruiscono, rappresentano e condividono esperienze (Bruner 1990). D'altra parte, l'esperienza dimostra quanto siano profonde le narrazioni culturali, quanto siano potenti le storie come agente di socializzazione e, al contrario, quanto rivelino quanto rivelino i valori, le credenze e i processi di pensiero di una determinata cultura o comunità. una determinata cultura o comunità. Le narrazioni non si limitano a fantasie o alla rappresentazione di sentimenti e esperienze inusuali, ma forniscono anche un processo intra e interpersonale fondamentale, attraverso il quale le persone danno un senso a sé stesse nel mondo. La narrazione è un'attività sociale profonda e, al contempo, un’attività privata potente. La prospettiva interorganizzativa mette in evidenza l'importanza vitale della comunicazione nella vita organizzativa in generale e nella formazione delle strategie in particolare. Secondo Czarniawska (1998), la vita quotidiana all'interno dell'organizzazione prende forma attraverso narrazioni ordinarie, in cui gli individui selezionano gli eventi, organizzano le temporalità, caratterizzano i personaggi chiave, costruiscono relazioni di identità, strutturano la loro esperienza e costruiscono e personaggi chiave, costruiscono relazioni di identità, strutturano la loro esperienza e costruiscono e trasformano le loro interpretazioni. e trasformano le loro interpretazioni. Basandosi sull'osservazione di Bruner secondo cui "esiste una disponibilità, o una predisposizione a organizzare l'esperienza in forma narrativa costruendo intrighi" (Bruner 1990), è plausibile ritenere che la continuità dell'esistenza possa essere compresa raccontando la stessa esistenza in un processo narrativo di costruzione dell'identità dell'altro. La logica di questo lavoro è di sistematizzazione della letteratura in tema di narrazione e organizzazioni, partendo da una scelta epistemologica chiara cioè l’idea che le narrazioni rappresentino una delle principali fonti di conoscenza dei contesti lavorativi e dei significati attribuiti al lavoro. All’origine di questa “svolta narrativa” è la convinzione che attraverso l’analisi delle diverse forme e modalità di narrare il lavoro sia possibile far emergere le letture soggettive e le rappresentazioni individuali, così come la costruzione sia di una conoscenza condivisa e intersoggettiva della realtà, sia di una cultura organizzativa forte e sostenibile (Poggio, Valastro, 2012). Le narrazioni e lo Storytelling rappresentano dunque, sempre più spesso, sia un importante oggetto di studi per la sociologia del lavoro e delle organizzazioni, sia un indispensabile strumento di analisi della vita quotidiana nei luoghi di lavoro (Czarniawska-Joerges, 1997; Poggio, 2004). Le narrazioni del lavoro e il lavoro come narrazione sottolineano in particolare come lavorare sia una attività che richiede competenze comunicative (Storytelling) e come le pratiche discorsive siano costitutive delle attività professionali e delle identità occupazionali di coloro che narrano (Bruni, Gherardi, 2007). Il lavoro di Isabella Bonacci e Danila Scarozza offre un contributo interessante al dibattito sugli studi organizzativi, ponendo l’attenzione su alcuni dei principali ambiti di rilevanza nello studio delle narrazioni organizzative, della cultura e delle identità lavorative narrativamente costruite.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.