Se origini e nome segnano il destino di un uomo come di una città, Singapore non poteva che divenire una delle più importanti realtà finanziarie dell’odierno mercato globale. La “Città del leone”, dopo alterne vicende rifondata come vero e proprio insediamento dalla British East India Company, costituisce, infatti, una delle economie con il PIL pro capite più alto al mondo, finanche superiore a quello della sua ex potenza coloniale. E come prodotto del principale veicolo del capitalismo, la company, Singapore non poteva che mantenere e sviluppare nel tempo, oltre ogni rapporto di proporzionalità rispetto a territorio e manodopera, la propria natura fondante, la quale, più che una vocazione, rappresenta la ragion d’essere di un intero Stato fatto mercato.Anche con riguardo al suo diritto delle società e dei mercati finanziari, Singapore è andata sempre più affermandosi come sistema dotato di una qualche originalità, al contempo in grado di produrre soluzioni o mutuarle attraverso l’apertura a contaminazioni e a circolazioni di strumenti giuridici più in generale; e ciò in un percorso non semplice di affrancamento dal common law inglese, un tempo monolitico riferimento del proprio ordinamento non solo societario. Invero, l’evoluzione in parola se non costituisce motivo di profonda sorpresa in un’analisi nell’ambito company law, nemmeno può ritenersi del tutto scontata. Certo, a guidare questo sistema verso un processo reclamato e almeno in parte necessitato vi sono circostanze uniche, difficilmente ripetibili soprattutto in concorso: una politica fortemente orientata e degli investimenti dimensionalmente importanti; il grado di integrazione di questa economia nel processo di globalizzazione e il successo del proprio mercato finanziario; la sensibilità alle sollecitazioni delle istituzioni internazionali, tra le quali, prima, la World Bank; ma anche una crescente consapevolezza e le suggestive influenze di alcuni ordinamenti di una qualche prossimità - e per contro l’allontanamento da altri pure assai vicini come quello malese, quantomeno nel campo in questione. Nondimeno, rifuggendo da argomentazioni che possono risuonare come post hoc e propter hoc, deve pure ammettersi che, in un percorso di decolonizzazione tutt’altro che traumatico e dunque da solo non sufficiente a giustificare il perseguimento di una specifica differenziazione dall’ordinamento societario della propria ex potenza coloniale, l’esito e lo stato del predetto processo nonché la vivacità e in parte l’originalità conseguita per mano di un legislatore e di una giurisprudenza affatto provinciali si profilano quantomeno non del tutto prevedibili. Per di più, quest’aspirazione all’affrancamento appare sovente ragionata e non solo istintiva, se è vero che in alcuni e pur importanti settori della regolamentazione del mercato quest’ordinamento non ha mancato di preferire - permanendo su o introducendo - meccanismi e strumenti più vicini alle corrispondenti regole inglesi che al modello statunitense in tale ambito dominante; mentre, altrove, ha fatto propri e ampliato principi di matrice anglosassone adottati, al punto da difenderli finanche da mutamenti ed evoluzioni operati delle stesse corti di origine. Come dire, nel proprio cuore pulsante, quello citato del diritto dellesocietà e dei mercati finanziari, questo sistema emerge come laboratorio senza dubbio meritevole di indagine per il comparatista, perché in divenire e perché si disvela particolarmente pronto a cogliere le esigenze degli operatori o a leggere anzitempo alcuni trend in materia; ma anche in grado di evidenziare problematiche o provare a indicare esso stesso direzioni, candidandosi in materia, anche grazie a una dottrina e a una giurisprudenza non prive di dinamismo, a riferimento per questo quadrante del globo. E se una trattazione esaustiva della sua company law non si profila idonea a questa sede, alcune variazioni su temi scelti, giustappunto nell’ottica appena accennata, possono servire a corredare l’accennata intuizione di taluni riferimenti concreti; tanto, senza rinunciare preliminar- mente seppur brevemente a qualche ulteriore precisazione in ordine al contesto, con buona probabilità utile quale chiave di lettura dei successivi approfondimenti. Si proceda, allora, per ordine.
Tre variazioni in tema di diritto delle società di Singapore
MATERA P;SBARBARO FM
2017-01-01
Abstract
Se origini e nome segnano il destino di un uomo come di una città, Singapore non poteva che divenire una delle più importanti realtà finanziarie dell’odierno mercato globale. La “Città del leone”, dopo alterne vicende rifondata come vero e proprio insediamento dalla British East India Company, costituisce, infatti, una delle economie con il PIL pro capite più alto al mondo, finanche superiore a quello della sua ex potenza coloniale. E come prodotto del principale veicolo del capitalismo, la company, Singapore non poteva che mantenere e sviluppare nel tempo, oltre ogni rapporto di proporzionalità rispetto a territorio e manodopera, la propria natura fondante, la quale, più che una vocazione, rappresenta la ragion d’essere di un intero Stato fatto mercato.Anche con riguardo al suo diritto delle società e dei mercati finanziari, Singapore è andata sempre più affermandosi come sistema dotato di una qualche originalità, al contempo in grado di produrre soluzioni o mutuarle attraverso l’apertura a contaminazioni e a circolazioni di strumenti giuridici più in generale; e ciò in un percorso non semplice di affrancamento dal common law inglese, un tempo monolitico riferimento del proprio ordinamento non solo societario. Invero, l’evoluzione in parola se non costituisce motivo di profonda sorpresa in un’analisi nell’ambito company law, nemmeno può ritenersi del tutto scontata. Certo, a guidare questo sistema verso un processo reclamato e almeno in parte necessitato vi sono circostanze uniche, difficilmente ripetibili soprattutto in concorso: una politica fortemente orientata e degli investimenti dimensionalmente importanti; il grado di integrazione di questa economia nel processo di globalizzazione e il successo del proprio mercato finanziario; la sensibilità alle sollecitazioni delle istituzioni internazionali, tra le quali, prima, la World Bank; ma anche una crescente consapevolezza e le suggestive influenze di alcuni ordinamenti di una qualche prossimità - e per contro l’allontanamento da altri pure assai vicini come quello malese, quantomeno nel campo in questione. Nondimeno, rifuggendo da argomentazioni che possono risuonare come post hoc e propter hoc, deve pure ammettersi che, in un percorso di decolonizzazione tutt’altro che traumatico e dunque da solo non sufficiente a giustificare il perseguimento di una specifica differenziazione dall’ordinamento societario della propria ex potenza coloniale, l’esito e lo stato del predetto processo nonché la vivacità e in parte l’originalità conseguita per mano di un legislatore e di una giurisprudenza affatto provinciali si profilano quantomeno non del tutto prevedibili. Per di più, quest’aspirazione all’affrancamento appare sovente ragionata e non solo istintiva, se è vero che in alcuni e pur importanti settori della regolamentazione del mercato quest’ordinamento non ha mancato di preferire - permanendo su o introducendo - meccanismi e strumenti più vicini alle corrispondenti regole inglesi che al modello statunitense in tale ambito dominante; mentre, altrove, ha fatto propri e ampliato principi di matrice anglosassone adottati, al punto da difenderli finanche da mutamenti ed evoluzioni operati delle stesse corti di origine. Come dire, nel proprio cuore pulsante, quello citato del diritto dellesocietà e dei mercati finanziari, questo sistema emerge come laboratorio senza dubbio meritevole di indagine per il comparatista, perché in divenire e perché si disvela particolarmente pronto a cogliere le esigenze degli operatori o a leggere anzitempo alcuni trend in materia; ma anche in grado di evidenziare problematiche o provare a indicare esso stesso direzioni, candidandosi in materia, anche grazie a una dottrina e a una giurisprudenza non prive di dinamismo, a riferimento per questo quadrante del globo. E se una trattazione esaustiva della sua company law non si profila idonea a questa sede, alcune variazioni su temi scelti, giustappunto nell’ottica appena accennata, possono servire a corredare l’accennata intuizione di taluni riferimenti concreti; tanto, senza rinunciare preliminar- mente seppur brevemente a qualche ulteriore precisazione in ordine al contesto, con buona probabilità utile quale chiave di lettura dei successivi approfondimenti. Si proceda, allora, per ordine.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.