Giunta a valle dell’adozione, in ambito comunitario, dei regolamenti sulla rete transeuropea dei trasporti (rete TEN-T, regolamenti n. 1315 e 1316/2013) e del Piano strategico nazionale della portualità e della logistica (PSNPL), approvato dal Consiglio dei Ministri il 7.08.2015, la riforma normativa della portualità in Italia (d.Lgs. 4 agosto 2016 n. 169) si è posta l'obiettivo di riorganizzare la governance dei porti per il miglioramento della performance, non solo in termini di efficienza dei processi logistici-informativi-decisionali, ma anche in termini ambientali e sociali. In particolare, sulla base dei dieci obiettivi fissati dal PSNPL – misure per semplificazione e snellimento, competitività e concorrenza, accessibilità, integrazione del sistema logistico, potenziamento delle infrastrutture, innovazione, sostenibilità, certezza delle risorse, coordinamento nazionale, nuova governance – il d.Lgs. 169/2016 disciplina le “leve per la competitività” del sistema-porti e cioè la razionalizzazione delle sedi delle autorità di governo dei porti, la riorganizzazione della governance e, infine, la semplificazione burocratica. D’altra parte, negli ultimi tre decenni, i principali porti europei hanno intrapreso complessi percorsi di riforma nella prospettiva di sviluppare modelli di governance tesi ad ottimizzare la logistica, l’efficienza energetica delle loro attività, il sistema di relazioni e flussi logistici-informativi fra i port user [ESPO, 2016]. Il modello portuale “landlord” è il più diffuso in Europa, così in Italia, ove la prima riforma portuale risale al 1994, che a mezzo della legge n. 84 ha istituito 24 autorità portuali (AP) per il governo dei porti. Nel 2016, in seno al dibattito sull’attribuzione alle Regioni di maggiori poteri e strumenti di governance del territorio e complice l’inadeguatezza della normativa nel rispondere alle istanze sempre più incalzanti del traffico merci e passeggeri, l’Italia ha dato il via ad una seconda ondata di riforme, in particolare col d.Lgs. 169/2016 il numero di AP è stato ridotto e sono state istituite 15 Autorità di Sistema Portuale (AdSP), a cui fanno riferimento 58 porti italiani (compreso Monfalcone) coordinate dalla “Conferenza nazionale di coordinamento delle AdSP” (CNC_AdSP), istituita presso il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti (MIT) e presieduta dal Ministro. Si mira così ad un’azione nazionale di armonizzazione delle scelte strategiche relative agli investimenti infrastrutturali, limitando la competizione fra porti vicini e lo sviluppo di interessi locali. In concomitanza con il processo di riorganizzazione strutturale ed organizzativo dei porti, il d.Lgs. 169/2016 riscopre una rinnovata sensibilità anche verso il tema ambientale. Difatti, l’introduzione dell’art. 4-bis, rubricato “sostenibilità energetica” , sembrerebbe essere in linea (o almeno) con gli obiettivi dell’Agenda 2030 ed in particolare con l’obiettivo di garantire un’energia pulita ed accessibile . I porti dunque costituiscono i punti nodali nelle catene di approvvigionamento globali, ma, allo stesso tempo, sono integrati nelle comunità locali e regionali. Di conseguenza, devono rispondere alle sfide internazionali e nazionali, come i cambiamenti climatici, la mobilità, la digitalizzazione, la migrazione e l'integrazione sociale. In tale direzione, l'associazione internazionale dei porti (International Association of Ports and Harbors – IAPH) ha istituto un programma mondiale di sostenibilità dei porti [World Ports Sustainability Program – WPSP, 2018] , ispirato ai 17 obiettivi dell’Agenda 2030: il programma intende migliorare e coordinare i futuri sforzi di sostenibilità dei porti di tutto il mondo e favorire la cooperazione internazionale con i partner della port supply chain. In questo scenario sinteticamente delineato, il presente capitolo si pone l’obiettivo di tracciare, a pochi anni dall’entrata in vigore del d.Lgs. 169/2016, un portrait circa le azioni che le AdSP hanno adottato nel periodo 2017 e 2018 nel rispondere alle sollecitazioni normative e di contesto in materia di sostenibilità ambientale, in particolare per il Sustainable Development Goals 7 - Ensure access to affordable, reliable, sustainable and modern energy for all (SDGs 7). Allo scopo, l’analisi si sviluppa in due step. Primo, si procede ad una review dei principali contributi in letteratura sulla relazione fra port governance, port performance, sostenibilità ambientale, SDGs e non financial reporting (NFR); secondo, nella consapevolezza che le AdSP, quali enti pubblici non economici, non sono obbligate a redigere un bilancio di sostenibilità, come invece è imposto alle imprese , e che i porti possono assumere sempre di più un ruolo chiave nel controllo, nella gestione e nella rendicontazione dell’impatto ambientale che i propri business generano, si è proceduto a verificare la usufruibilità del sistema di NFR attraverso i canali di comunicazione istituzionale delle AdSP in modo da individuare le iniziative poste in essere dai porti “core” delle AdSP per il raggiungimento degli SDGs. Il capitolo è strutturato come segue. La sezione 1.2 include la metodologia di ricerca; la sezione 1.3 include i principali contributi in letteratura sul tema investigato; la sezione 1.4 mette in luce il ruolo della sostenibilità ambientale e degli SDGs nel processo di riforma del 2016; infine, la sezione 1.5 include alcune considerazioni finali, i principali limiti e le future linee di ricerca.
Port governance e non-financial reporting nella prospettiva degli SDGs: evidenze dal contesto Italiano
Palladino R
2021-01-01
Abstract
Giunta a valle dell’adozione, in ambito comunitario, dei regolamenti sulla rete transeuropea dei trasporti (rete TEN-T, regolamenti n. 1315 e 1316/2013) e del Piano strategico nazionale della portualità e della logistica (PSNPL), approvato dal Consiglio dei Ministri il 7.08.2015, la riforma normativa della portualità in Italia (d.Lgs. 4 agosto 2016 n. 169) si è posta l'obiettivo di riorganizzare la governance dei porti per il miglioramento della performance, non solo in termini di efficienza dei processi logistici-informativi-decisionali, ma anche in termini ambientali e sociali. In particolare, sulla base dei dieci obiettivi fissati dal PSNPL – misure per semplificazione e snellimento, competitività e concorrenza, accessibilità, integrazione del sistema logistico, potenziamento delle infrastrutture, innovazione, sostenibilità, certezza delle risorse, coordinamento nazionale, nuova governance – il d.Lgs. 169/2016 disciplina le “leve per la competitività” del sistema-porti e cioè la razionalizzazione delle sedi delle autorità di governo dei porti, la riorganizzazione della governance e, infine, la semplificazione burocratica. D’altra parte, negli ultimi tre decenni, i principali porti europei hanno intrapreso complessi percorsi di riforma nella prospettiva di sviluppare modelli di governance tesi ad ottimizzare la logistica, l’efficienza energetica delle loro attività, il sistema di relazioni e flussi logistici-informativi fra i port user [ESPO, 2016]. Il modello portuale “landlord” è il più diffuso in Europa, così in Italia, ove la prima riforma portuale risale al 1994, che a mezzo della legge n. 84 ha istituito 24 autorità portuali (AP) per il governo dei porti. Nel 2016, in seno al dibattito sull’attribuzione alle Regioni di maggiori poteri e strumenti di governance del territorio e complice l’inadeguatezza della normativa nel rispondere alle istanze sempre più incalzanti del traffico merci e passeggeri, l’Italia ha dato il via ad una seconda ondata di riforme, in particolare col d.Lgs. 169/2016 il numero di AP è stato ridotto e sono state istituite 15 Autorità di Sistema Portuale (AdSP), a cui fanno riferimento 58 porti italiani (compreso Monfalcone) coordinate dalla “Conferenza nazionale di coordinamento delle AdSP” (CNC_AdSP), istituita presso il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti (MIT) e presieduta dal Ministro. Si mira così ad un’azione nazionale di armonizzazione delle scelte strategiche relative agli investimenti infrastrutturali, limitando la competizione fra porti vicini e lo sviluppo di interessi locali. In concomitanza con il processo di riorganizzazione strutturale ed organizzativo dei porti, il d.Lgs. 169/2016 riscopre una rinnovata sensibilità anche verso il tema ambientale. Difatti, l’introduzione dell’art. 4-bis, rubricato “sostenibilità energetica” , sembrerebbe essere in linea (o almeno) con gli obiettivi dell’Agenda 2030 ed in particolare con l’obiettivo di garantire un’energia pulita ed accessibile . I porti dunque costituiscono i punti nodali nelle catene di approvvigionamento globali, ma, allo stesso tempo, sono integrati nelle comunità locali e regionali. Di conseguenza, devono rispondere alle sfide internazionali e nazionali, come i cambiamenti climatici, la mobilità, la digitalizzazione, la migrazione e l'integrazione sociale. In tale direzione, l'associazione internazionale dei porti (International Association of Ports and Harbors – IAPH) ha istituto un programma mondiale di sostenibilità dei porti [World Ports Sustainability Program – WPSP, 2018] , ispirato ai 17 obiettivi dell’Agenda 2030: il programma intende migliorare e coordinare i futuri sforzi di sostenibilità dei porti di tutto il mondo e favorire la cooperazione internazionale con i partner della port supply chain. In questo scenario sinteticamente delineato, il presente capitolo si pone l’obiettivo di tracciare, a pochi anni dall’entrata in vigore del d.Lgs. 169/2016, un portrait circa le azioni che le AdSP hanno adottato nel periodo 2017 e 2018 nel rispondere alle sollecitazioni normative e di contesto in materia di sostenibilità ambientale, in particolare per il Sustainable Development Goals 7 - Ensure access to affordable, reliable, sustainable and modern energy for all (SDGs 7). Allo scopo, l’analisi si sviluppa in due step. Primo, si procede ad una review dei principali contributi in letteratura sulla relazione fra port governance, port performance, sostenibilità ambientale, SDGs e non financial reporting (NFR); secondo, nella consapevolezza che le AdSP, quali enti pubblici non economici, non sono obbligate a redigere un bilancio di sostenibilità, come invece è imposto alle imprese , e che i porti possono assumere sempre di più un ruolo chiave nel controllo, nella gestione e nella rendicontazione dell’impatto ambientale che i propri business generano, si è proceduto a verificare la usufruibilità del sistema di NFR attraverso i canali di comunicazione istituzionale delle AdSP in modo da individuare le iniziative poste in essere dai porti “core” delle AdSP per il raggiungimento degli SDGs. Il capitolo è strutturato come segue. La sezione 1.2 include la metodologia di ricerca; la sezione 1.3 include i principali contributi in letteratura sul tema investigato; la sezione 1.4 mette in luce il ruolo della sostenibilità ambientale e degli SDGs nel processo di riforma del 2016; infine, la sezione 1.5 include alcune considerazioni finali, i principali limiti e le future linee di ricerca.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.