Il racconto in prima persona della mia collaborazione alla produzione di Aurora in qualità di assistente al casting e di consulente drammaturgico. Questa nuova impostazione sembra la più adatta a osservare, con uno sguardo diverso dal convenzionale contributo critico esterno, le due evi- denze di cui si trova traccia negli estratti di interviste appena citati. Dire che il pensiero non può accadere in un istante ma richiede tempo è un altro modo di dire che ogni pensiero deve essere interpretato dentro a un altro o che il pensiero interno sta nei segni. Da un lato il rifiuto di ogni categorizzazione coerente legata un genere, dall’altro – e i due discorsi sono necessariamente interdipendenti – un pro- cesso creativo che sembra derivare da un paradosso: dare forma artistica a una propria fascinazione; arrendersi alla sua urgenza e, vedendola crearsi, sacrificare certi presupposti che in principio parevano irrinunciabili. Seguendo l’intero percorso di produzione di Aurora ho osservato apparire e scomparire idee e ipotesi, cambiare direzioni, soprattutto togliere, togliere, togliere, pur a fronte di una materia straordinariamente feconda. Alla ricerca di una forma che fosse insieme ricca ed essenziale. I paragrafi in cui ho scelto di suddividere quello che a tutti gli effetti è un racconto di viaggio propongono una localizzazione geografica e temporale coincidente con i momenti della creazione a cui ho preso parte in prima persona. L’obiettivo è di attraversare una sorta di corridoio in cui ogni porta si apra su diverse fasi del lavoro, per indagare dall’interno il processo creativo di Alessandro Sciarroni. Nel paragrafo finale tenterò di offrire uno sguardo conclusivo che dà forma ad alcune riflessioni provenienti dalla fase di crea- zione, messe alla prova della visione esterna in occasione del debutto a Torinodanza 2015.
Aurora. Diario di viaggio accanto ad Alessandro Sciarroni
LO GATTO, SERGIO
2017-01-01
Abstract
Il racconto in prima persona della mia collaborazione alla produzione di Aurora in qualità di assistente al casting e di consulente drammaturgico. Questa nuova impostazione sembra la più adatta a osservare, con uno sguardo diverso dal convenzionale contributo critico esterno, le due evi- denze di cui si trova traccia negli estratti di interviste appena citati. Dire che il pensiero non può accadere in un istante ma richiede tempo è un altro modo di dire che ogni pensiero deve essere interpretato dentro a un altro o che il pensiero interno sta nei segni. Da un lato il rifiuto di ogni categorizzazione coerente legata un genere, dall’altro – e i due discorsi sono necessariamente interdipendenti – un pro- cesso creativo che sembra derivare da un paradosso: dare forma artistica a una propria fascinazione; arrendersi alla sua urgenza e, vedendola crearsi, sacrificare certi presupposti che in principio parevano irrinunciabili. Seguendo l’intero percorso di produzione di Aurora ho osservato apparire e scomparire idee e ipotesi, cambiare direzioni, soprattutto togliere, togliere, togliere, pur a fronte di una materia straordinariamente feconda. Alla ricerca di una forma che fosse insieme ricca ed essenziale. I paragrafi in cui ho scelto di suddividere quello che a tutti gli effetti è un racconto di viaggio propongono una localizzazione geografica e temporale coincidente con i momenti della creazione a cui ho preso parte in prima persona. L’obiettivo è di attraversare una sorta di corridoio in cui ogni porta si apra su diverse fasi del lavoro, per indagare dall’interno il processo creativo di Alessandro Sciarroni. Nel paragrafo finale tenterò di offrire uno sguardo conclusivo che dà forma ad alcune riflessioni provenienti dalla fase di crea- zione, messe alla prova della visione esterna in occasione del debutto a Torinodanza 2015.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.