Nel contesto italiano l’immigrazione ha cominciato ad assumere le caratteristiche di un fenomeno significativo a partire dagli anni Settanta e da sempre i flussi sono stati caratterizzati da una forte presenza femminile. Ciò nonostante, la prospettiva di genere ha faticato ad essere adottata per l’analisi dei flussi migratori, nonostante consenta di prendere in considerazione tutte quelle variabili che hanno effetto sulla vita delle donne in quanto tali e che si traducono in discriminazioni, ruoli stereotipati e oppressione alla base dei processi di differenziazione sociale e politica di cui esse sono vittime (Hill Collins, 2022). Il processo di inclusione delle donne immigrate è quindi ostacolato dalla duplice condizione di subalternità che deriva sia dall’essere donne che dall’essere immigrate, a partire dall’accesso alle esperienze di formazione promosse dal Paese di accoglienza. È quindi possibile affermare che vi sia una diseguaglianza educativa che investe le donne migranti, per cui è importante esaminare le relazioni che promuovono o ostacolano l’accessibilità e la realizzazione di proposte educative quanto più possibile eque (Gross, 2022). Adottando tale concezione e data la necessità, sia personale e sia normativa (D.P.R. 179/2011), di apprendere la Lingua Seconda (L2) i luoghi dell’apprendimento linguistico possono al contempo essere escludenti, qualora non fossero progettati anche per accogliere i bisogni educativi e sociali specifici delle donne migranti, oppure, al contrario, zone di contatto dove, tramite lo scontro e la fusione tra culture diverse, le classi subalterne possono costruire il proprio universo di significato e in cui «gli oppressi lottano con la lingua per riprendere possesso di sé stessi, per riconoscersi, per riunirsi, per ricominciare» (hooks, 1998, p. 64). Gli spazi dediti all’apprendimento della L2, così intesi, permettono di “considerare l’aula un luogo comunitario [che] aumenta le possibilità di riuscita dello sforzo collettivo volto a creare e sostenere una comunità di apprendimento” (hooks, 2020, p. 38), rivelando la comunità come uno strumento di resistenza alle violenze sistemiche che producono diseguaglianze e marginalizzazione. L’esperienza educativa diventa così un’azione collettiva caratterizzata dall’accessibilità, creando percorsi quanto più possibile su misura, costruendo una proposta inclusiva ed eterogenea, che presenta al contempo momenti comuni di apprendimento e cammini diversificati (Favaro, 2015). La questione è stata indagata tramite la metodologia qualitativa, formalizzata nella somministrazione di interviste semi-strutturate. L’indagine ha avuto luogo nella città di Roma tra Ottobre 2021 e Settembre 2022, presso 8 scuole di L2 (7 associazioni e 1 CPIA), in totale sono state realizzate 60 interviste – 25 a insegnanti e 35 a studenti/studentesse.
Le donne migranti e il processo emancipatorio dell’esperienza educativa linguistica. Una ricerca qualitativa nelle scuole L2 di Roma
Bulgarelli Aurora
2025-01-01
Abstract
Nel contesto italiano l’immigrazione ha cominciato ad assumere le caratteristiche di un fenomeno significativo a partire dagli anni Settanta e da sempre i flussi sono stati caratterizzati da una forte presenza femminile. Ciò nonostante, la prospettiva di genere ha faticato ad essere adottata per l’analisi dei flussi migratori, nonostante consenta di prendere in considerazione tutte quelle variabili che hanno effetto sulla vita delle donne in quanto tali e che si traducono in discriminazioni, ruoli stereotipati e oppressione alla base dei processi di differenziazione sociale e politica di cui esse sono vittime (Hill Collins, 2022). Il processo di inclusione delle donne immigrate è quindi ostacolato dalla duplice condizione di subalternità che deriva sia dall’essere donne che dall’essere immigrate, a partire dall’accesso alle esperienze di formazione promosse dal Paese di accoglienza. È quindi possibile affermare che vi sia una diseguaglianza educativa che investe le donne migranti, per cui è importante esaminare le relazioni che promuovono o ostacolano l’accessibilità e la realizzazione di proposte educative quanto più possibile eque (Gross, 2022). Adottando tale concezione e data la necessità, sia personale e sia normativa (D.P.R. 179/2011), di apprendere la Lingua Seconda (L2) i luoghi dell’apprendimento linguistico possono al contempo essere escludenti, qualora non fossero progettati anche per accogliere i bisogni educativi e sociali specifici delle donne migranti, oppure, al contrario, zone di contatto dove, tramite lo scontro e la fusione tra culture diverse, le classi subalterne possono costruire il proprio universo di significato e in cui «gli oppressi lottano con la lingua per riprendere possesso di sé stessi, per riconoscersi, per riunirsi, per ricominciare» (hooks, 1998, p. 64). Gli spazi dediti all’apprendimento della L2, così intesi, permettono di “considerare l’aula un luogo comunitario [che] aumenta le possibilità di riuscita dello sforzo collettivo volto a creare e sostenere una comunità di apprendimento” (hooks, 2020, p. 38), rivelando la comunità come uno strumento di resistenza alle violenze sistemiche che producono diseguaglianze e marginalizzazione. L’esperienza educativa diventa così un’azione collettiva caratterizzata dall’accessibilità, creando percorsi quanto più possibile su misura, costruendo una proposta inclusiva ed eterogenea, che presenta al contempo momenti comuni di apprendimento e cammini diversificati (Favaro, 2015). La questione è stata indagata tramite la metodologia qualitativa, formalizzata nella somministrazione di interviste semi-strutturate. L’indagine ha avuto luogo nella città di Roma tra Ottobre 2021 e Settembre 2022, presso 8 scuole di L2 (7 associazioni e 1 CPIA), in totale sono state realizzate 60 interviste – 25 a insegnanti e 35 a studenti/studentesse.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


