Il saggio ricostruisce il ricco contributo operato dal sociologo francese, nel dar conto dei modi in cui agisce l’habitus nella vita degli individui. Ma l’Oltre l’habitus esplicitato nel titolo segna una precisa volontà, quella di volgere lo sguardo su una diversa dimensione, e di evitare letture unidimensionali e momotematiche, ritenute insufficienti nel dar conto della complessità della human agency. Per questa ragione, partendo dalla ricostruzione della poderosa architettura concettuale elaborata da Burdieu attorno alla nozione di habitus, si attraversano le tappe più significative del dibattito portato avanti dai suoi difensori e dai suoi detrattori, per portare alla luce alcuni nodi irrisolti presenti nella sua speculazione teorica. E su questi nodi, attraverso una lettura interdisciplinare, alla luce di alcuni utili contributi offerti da autorevoli studiosi, interessati a spiegare l’agire umano da prospettive differenti, si proverà a delineare le iplicazioni sottese al concetto di habitus, in virtù della doppia polarità che esso esprime nella tensione mai del tutto superata tra “destino” versus “progetto”. In virtù di questa premessa, Pierre Bourdieu rappresenta il pilastro del ragionamento sviluppato in questo saggio, per la ricchezza e la fecondità della sua produzione scientifica, e per la sistematizzazione che ha portato nella costruzione dell’armamentario concettuale che sottende all’habitus. Il testo si presenta come una bussola personale che consente all'autrice di confrontarsi con alcuni concetti fondanti dell'opera bourdesiana, primo tra tutti quello di habitus che incarna, sin dalle sue prime elaborazioni, la dicotomia, mai del tutto superata tra oggettivismo e soggettivismo. In particolare, si ripercorrono le sue prime pubblicazioni, quelle collegate ai temi delle disuguaglianze e delle istituzioni educative che hanno rappresentato per l’autore un campo di impegno politico, volto a sfatare la visione “aurea” (Benadusi, 1984) che ha caratterizzato il dibattito sull’educazione, fino alla fine degli anni ‘60. Nel tentativo di ricostruire i nessi di questo ragionamento, e di attualizzarne i contributi, si inizia con un inquadramento storico-culturale di questo eclettico autore che, a partire dalle suggestioni offerte dalla “teoria del campo”, formulata nell’ambito della fisica classica, e adattato con successo in quello della psicologia di comunità, ha il merito di aver elaborato un’impalcatura integrata di concetti tra loro coerenti e collegati. Pietra d’angolo del suo pensiero, l’habitus rappresenta il punto di congiunzione tra il sociale e il fisico-corporeo, attraverso il quale osservare l’agire, reinterpretare le differenze di classe, spiegare i condizionamenti che impediscono agli individui di trasformare ciò che è in potenza in atto, denunciare le disuguaglianze che si celano dietro le contingenze e l’illusione del progetto educativo, democratico ed egualitario moderno che, negli anni in cui lui scriveva, si confrontava con l’eredità delle lotte di classe. Ed è all’interno di questo solco che dal concetto di habitus teorizzato da Bourdieu, fino alle critiche e alle revisioni scaturite nel tempo, che si pone questo lavoro. Interessata a comprendere il punto di svolta in cui la “riproduzione sociale” diventa “trasformazione sociale”, questo elaborato rappresenta un viaggio di andata e ritorno sulle vie dell’habitus, attraverso un confronto a più voci che parte da Bourdieu a si confronta con altri autorevoli studiosi per illuminare le zone d’ombra che l’impianto bourdesiano non prende in esame.
Oltre l'habitus. Dialogo (a più voci) con P. Bourdieu tra destino e progetto
Capogna S
2022-01-01
Abstract
Il saggio ricostruisce il ricco contributo operato dal sociologo francese, nel dar conto dei modi in cui agisce l’habitus nella vita degli individui. Ma l’Oltre l’habitus esplicitato nel titolo segna una precisa volontà, quella di volgere lo sguardo su una diversa dimensione, e di evitare letture unidimensionali e momotematiche, ritenute insufficienti nel dar conto della complessità della human agency. Per questa ragione, partendo dalla ricostruzione della poderosa architettura concettuale elaborata da Burdieu attorno alla nozione di habitus, si attraversano le tappe più significative del dibattito portato avanti dai suoi difensori e dai suoi detrattori, per portare alla luce alcuni nodi irrisolti presenti nella sua speculazione teorica. E su questi nodi, attraverso una lettura interdisciplinare, alla luce di alcuni utili contributi offerti da autorevoli studiosi, interessati a spiegare l’agire umano da prospettive differenti, si proverà a delineare le iplicazioni sottese al concetto di habitus, in virtù della doppia polarità che esso esprime nella tensione mai del tutto superata tra “destino” versus “progetto”. In virtù di questa premessa, Pierre Bourdieu rappresenta il pilastro del ragionamento sviluppato in questo saggio, per la ricchezza e la fecondità della sua produzione scientifica, e per la sistematizzazione che ha portato nella costruzione dell’armamentario concettuale che sottende all’habitus. Il testo si presenta come una bussola personale che consente all'autrice di confrontarsi con alcuni concetti fondanti dell'opera bourdesiana, primo tra tutti quello di habitus che incarna, sin dalle sue prime elaborazioni, la dicotomia, mai del tutto superata tra oggettivismo e soggettivismo. In particolare, si ripercorrono le sue prime pubblicazioni, quelle collegate ai temi delle disuguaglianze e delle istituzioni educative che hanno rappresentato per l’autore un campo di impegno politico, volto a sfatare la visione “aurea” (Benadusi, 1984) che ha caratterizzato il dibattito sull’educazione, fino alla fine degli anni ‘60. Nel tentativo di ricostruire i nessi di questo ragionamento, e di attualizzarne i contributi, si inizia con un inquadramento storico-culturale di questo eclettico autore che, a partire dalle suggestioni offerte dalla “teoria del campo”, formulata nell’ambito della fisica classica, e adattato con successo in quello della psicologia di comunità, ha il merito di aver elaborato un’impalcatura integrata di concetti tra loro coerenti e collegati. Pietra d’angolo del suo pensiero, l’habitus rappresenta il punto di congiunzione tra il sociale e il fisico-corporeo, attraverso il quale osservare l’agire, reinterpretare le differenze di classe, spiegare i condizionamenti che impediscono agli individui di trasformare ciò che è in potenza in atto, denunciare le disuguaglianze che si celano dietro le contingenze e l’illusione del progetto educativo, democratico ed egualitario moderno che, negli anni in cui lui scriveva, si confrontava con l’eredità delle lotte di classe. Ed è all’interno di questo solco che dal concetto di habitus teorizzato da Bourdieu, fino alle critiche e alle revisioni scaturite nel tempo, che si pone questo lavoro. Interessata a comprendere il punto di svolta in cui la “riproduzione sociale” diventa “trasformazione sociale”, questo elaborato rappresenta un viaggio di andata e ritorno sulle vie dell’habitus, attraverso un confronto a più voci che parte da Bourdieu a si confronta con altri autorevoli studiosi per illuminare le zone d’ombra che l’impianto bourdesiano non prende in esame.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.