INTRODUZIONE: Attualmente lo scompenso cardiaco costituisce un rilevante problema di sanità pubblica, sia per la sua frequenza e le implicazioni in termini di mortalità, morbilità e qualità della vita, sia per il carico assistenziale che comporta e, di conseguenza, i costi correlati. Lo scompenso cardiaco è una patologia della popolazione anziana, per la quale il tasso di ospedalizzazione, significativamente elevato, è pari a 1.469 ricoveri per 100.000 abitanti, circa cinque volte superiore al tasso complessivo, assorbendo circa il 2,6% di tutte le giornate di degenza erogate, sia in regime ordinario sia in day-hospital.Gli interventi educativi dopo la dimissione costituiscono uno dei sistemi più efficaci per migliorare le abilità di autocura e i comportamenti tra i pazienti con scompenso cardiaco, e, in ultima analisi migliorare la prognosi e ridurre i tassi di riammissione in ospedale.L’obiettivo di questa meta-analisi è di sintetizzare i risultati degli studi sperimentali che hanno valutato l’efficacia degli interventi di formazione guidati da infermieri sull’autogestione tra i pazienti con scompenso cardiaco in termini di miglioramento dei comportamenti di autocura MATERIALI E METODI: Sono stati inclusi studi sperimentali randomizzati controllati (RCT) che hanno valutato l’efficacia degli interventi di autogestione effettuati da infermieri con qualsiasi metodo di comunicazione o di formazione (di persona, via telefono, email, scritta, verbale, audiovisivo, elettronico), su pazienti di età pari o superiore a 18 anni con diagnosi di scompenso cardiaco.Gli studi sono stati inclusi se nell'intervento descritto i pazienti o i parenti hanno mantenuto il ruolo primario nella gestione della condizione di salute. Sono stati esclusi interventi educativi in cui gli infermieri sono stati coinvolti nella valutazione medica o nell'ottimizzazione della terapia.La ricerca bibliografica è stata condotta su Pubmed e sui principali motori di ricerca elettronici (Embase, CINHAL, Scopus e Web of Science). L'esito di interesse è stata l'efficacia degli interventi di autogestione per migliorare i comportamenti di autocura tra i pazienti, misurati con scale comportamentali appropriate. I tempi per la misurazione sono stati divisi in breve termine (3 mesi), medio termine (6-9 mesi) e lungo termine (12 mesi). Per le analisi di dati continui è stata calcolata la differenza media standardizzata (DMS), insieme con l’intervallo di confidenza al 95% (IC 95%), dal momento che lo stesso concetto di base è stato misurato utilizzando diverse scale. RISULTATI: La ricerca ha permesso di individuare 96 studi, di cui otto hanno soddisfatto i criteri di inclusione, per un totale di 1.012 partecipanti. Sei su dieci partecipanti erano maschi e l'età media cumulativa all’inizio degli studi era di 69 anni (±10,2). Tre su sette studi (per un totale di 442 soggetti) ha riportato le comorbidità più rilevanti che, in ordine di frequenza combinata, sono: ipertensione (54,1%), diabete (32,8%) e malattie polmonari (26,5%).Due studi sono stati condotti nei Paesi Bassi, uno in Svezia, uno negli USA, uno in Colombia uno a Taiwan e uno in Iran. La lunghezza massima del follow-up è stata di 12 mesi per due studi, nove mesi per altri due studi e, infine, quattro mesi e tre mesi per uno e tre studi, rispettivamente.Cinque studi che coinvolgono 484 partecipanti hanno valutato le capacità di autocura a 3 mesi (a breve termine). La differenza media standardizzata è risultata di 0,64 (IC 95% 0,19-1,10) a favore dell'intervento autocura a 6-9 mesi (periodo intermedio). In questo caso la differenza media standardizzata è stata di 0,45 (CI 95% -0.12-1.02).L'effetto a lungo termine dell'intervento formativo è stato valutato da due studi. Il più grande dei quali ha coinvolto 265 partecipanti e l'altro ha coinvolto 106 partecipanti. L’analisi combinata ha mostrato un miglioramento non statisticamente significativo del comportamento di autocura (DMS 0,06, IC 95% -0.15-0.26). CONCLUSIONI: Questa meta-analisi costituisce un'ulteriore prova dell'importanza del ruolo dell'infermiere nello sviluppo di adeguati comportamenti di autocura in pazienti con scompenso cardiaco, fatto essenziale per mantenere la stabilità della malattia. L'intervento formativo guidato dall’infermiere risulta essere di grande supporto nel migliorare i comportamenti di autocura dei pazienti, ma solo nel breve periodo (3 mesi). L’impiego di gruppi multidisciplinari sembra essere una caratteristica importante dei programmi di gestione dello scompenso cardiaco, in particolare, l’infermiere specializzato in malattie cardiache occupa una posizione chiave in tali programmi, essendo dimostrato che le strategie di gestione dello scompenso cardiaco che coinvolgono un infermiere specializzato sono efficaci nel migliorare gli esiti. La funzione infermieristica deve essere programmata anticipatamente non solo per le fasi di assistenza intermedia (post-acuta e sub-acuta) ma anche per le successive fasi di lungo-assistenza. Questo elemento evidenzia la criticità nel trattamento acuto post-scompenso cardiaco della mancanza di una continuità dell’assistenza. In quest’ottica il potenziamento del ruolo degli infermieri, tanto con funzioni di case-manager quanto con funzioni cliniche, rappresenta un’opportunità prioritaria.
Efficacia degli interventi formativi infermieristici nel migliorare i comportamenti di autocura in pazienti affetti da scompenso cardiaco. Risultati di una revisione sistematica e meta-analisi
Galletti Testa, Caterina;
2014-01-01
Abstract
INTRODUZIONE: Attualmente lo scompenso cardiaco costituisce un rilevante problema di sanità pubblica, sia per la sua frequenza e le implicazioni in termini di mortalità, morbilità e qualità della vita, sia per il carico assistenziale che comporta e, di conseguenza, i costi correlati. Lo scompenso cardiaco è una patologia della popolazione anziana, per la quale il tasso di ospedalizzazione, significativamente elevato, è pari a 1.469 ricoveri per 100.000 abitanti, circa cinque volte superiore al tasso complessivo, assorbendo circa il 2,6% di tutte le giornate di degenza erogate, sia in regime ordinario sia in day-hospital.Gli interventi educativi dopo la dimissione costituiscono uno dei sistemi più efficaci per migliorare le abilità di autocura e i comportamenti tra i pazienti con scompenso cardiaco, e, in ultima analisi migliorare la prognosi e ridurre i tassi di riammissione in ospedale.L’obiettivo di questa meta-analisi è di sintetizzare i risultati degli studi sperimentali che hanno valutato l’efficacia degli interventi di formazione guidati da infermieri sull’autogestione tra i pazienti con scompenso cardiaco in termini di miglioramento dei comportamenti di autocura MATERIALI E METODI: Sono stati inclusi studi sperimentali randomizzati controllati (RCT) che hanno valutato l’efficacia degli interventi di autogestione effettuati da infermieri con qualsiasi metodo di comunicazione o di formazione (di persona, via telefono, email, scritta, verbale, audiovisivo, elettronico), su pazienti di età pari o superiore a 18 anni con diagnosi di scompenso cardiaco.Gli studi sono stati inclusi se nell'intervento descritto i pazienti o i parenti hanno mantenuto il ruolo primario nella gestione della condizione di salute. Sono stati esclusi interventi educativi in cui gli infermieri sono stati coinvolti nella valutazione medica o nell'ottimizzazione della terapia.La ricerca bibliografica è stata condotta su Pubmed e sui principali motori di ricerca elettronici (Embase, CINHAL, Scopus e Web of Science). L'esito di interesse è stata l'efficacia degli interventi di autogestione per migliorare i comportamenti di autocura tra i pazienti, misurati con scale comportamentali appropriate. I tempi per la misurazione sono stati divisi in breve termine (3 mesi), medio termine (6-9 mesi) e lungo termine (12 mesi). Per le analisi di dati continui è stata calcolata la differenza media standardizzata (DMS), insieme con l’intervallo di confidenza al 95% (IC 95%), dal momento che lo stesso concetto di base è stato misurato utilizzando diverse scale. RISULTATI: La ricerca ha permesso di individuare 96 studi, di cui otto hanno soddisfatto i criteri di inclusione, per un totale di 1.012 partecipanti. Sei su dieci partecipanti erano maschi e l'età media cumulativa all’inizio degli studi era di 69 anni (±10,2). Tre su sette studi (per un totale di 442 soggetti) ha riportato le comorbidità più rilevanti che, in ordine di frequenza combinata, sono: ipertensione (54,1%), diabete (32,8%) e malattie polmonari (26,5%).Due studi sono stati condotti nei Paesi Bassi, uno in Svezia, uno negli USA, uno in Colombia uno a Taiwan e uno in Iran. La lunghezza massima del follow-up è stata di 12 mesi per due studi, nove mesi per altri due studi e, infine, quattro mesi e tre mesi per uno e tre studi, rispettivamente.Cinque studi che coinvolgono 484 partecipanti hanno valutato le capacità di autocura a 3 mesi (a breve termine). La differenza media standardizzata è risultata di 0,64 (IC 95% 0,19-1,10) a favore dell'intervento autocura a 6-9 mesi (periodo intermedio). In questo caso la differenza media standardizzata è stata di 0,45 (CI 95% -0.12-1.02).L'effetto a lungo termine dell'intervento formativo è stato valutato da due studi. Il più grande dei quali ha coinvolto 265 partecipanti e l'altro ha coinvolto 106 partecipanti. L’analisi combinata ha mostrato un miglioramento non statisticamente significativo del comportamento di autocura (DMS 0,06, IC 95% -0.15-0.26). CONCLUSIONI: Questa meta-analisi costituisce un'ulteriore prova dell'importanza del ruolo dell'infermiere nello sviluppo di adeguati comportamenti di autocura in pazienti con scompenso cardiaco, fatto essenziale per mantenere la stabilità della malattia. L'intervento formativo guidato dall’infermiere risulta essere di grande supporto nel migliorare i comportamenti di autocura dei pazienti, ma solo nel breve periodo (3 mesi). L’impiego di gruppi multidisciplinari sembra essere una caratteristica importante dei programmi di gestione dello scompenso cardiaco, in particolare, l’infermiere specializzato in malattie cardiache occupa una posizione chiave in tali programmi, essendo dimostrato che le strategie di gestione dello scompenso cardiaco che coinvolgono un infermiere specializzato sono efficaci nel migliorare gli esiti. La funzione infermieristica deve essere programmata anticipatamente non solo per le fasi di assistenza intermedia (post-acuta e sub-acuta) ma anche per le successive fasi di lungo-assistenza. Questo elemento evidenzia la criticità nel trattamento acuto post-scompenso cardiaco della mancanza di una continuità dell’assistenza. In quest’ottica il potenziamento del ruolo degli infermieri, tanto con funzioni di case-manager quanto con funzioni cliniche, rappresenta un’opportunità prioritaria.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.