In quasi tutte le culture, il corpo e le sue funzioni sono interpretati come argomenti privati e solo alcune parti sono considerate socialmente toccabili. Il nursing prevede l’accesso e il tocco ad alcune parti del corpo, ma il tema del (con)tatto nelle cure infermieristiche non è molto indagato. Uno studio condotto da J. Lawler, utilizzando il metodo delle interviste, ha messo in evidenza i vissuti degli infermieri e la paura, l’imbarazzo, la timidezza quando, per la prima volta, si sono confrontati con “corpi nudi”. Essere infermiere comporta il saper controllare le emozioni e richiede di mettere in gioco i propri sensi (la vista, il tatto, l’udito, il gusto) e di avere la capacità di alleviare e confortare, con i gesti, la sofferenza e il bisogno di essere assistito dell’altro. Il vero protagonista dell’assistenza infermieristica è il corpo che ha bisogno di essere preso in cura. La malattia restringe il mondo, lo limita gradualmente al solo corpo malato: allora, una voce rassicurante, due mani esperte, la pelle di un altro a contatto con la propria, diventano le uniche comunicazioni veramente importanti. Lo studio, strutturato su un modello di tipo fenomenologico, si propone di indagare il tema del (con)tatto, catturando le emozioni degli studenti infermieri su come hanno vissuto e rielaborato l’impatto con il lavoro infermieristico. Gli autori ritengono infatti che le esperienze degli studenti infermieri abbiano un ruolo importante: il loro vissuto è ricco di informazioni. È attraverso i loro pensieri che si può rilevare la relazione che si instaura tra il corpo di chi ha bisogno di aiuto e il corpo di chi lo dà. I loro racconti sono un modo per capire come il corpo viene interpretato e vissuto, perché le prime esperienze rimangono impresse nella mente e sono importanti per indagare l’essenza dell’esperienza vissuta nella cura del corpo e di differenziare il nursing work da un semplice intervento tecnico.

Indagine conosciiva su come gli studenti infermieri vivono e rielaborano il (con)tatto con il corpo

Galletti C
2011-01-01

Abstract

In quasi tutte le culture, il corpo e le sue funzioni sono interpretati come argomenti privati e solo alcune parti sono considerate socialmente toccabili. Il nursing prevede l’accesso e il tocco ad alcune parti del corpo, ma il tema del (con)tatto nelle cure infermieristiche non è molto indagato. Uno studio condotto da J. Lawler, utilizzando il metodo delle interviste, ha messo in evidenza i vissuti degli infermieri e la paura, l’imbarazzo, la timidezza quando, per la prima volta, si sono confrontati con “corpi nudi”. Essere infermiere comporta il saper controllare le emozioni e richiede di mettere in gioco i propri sensi (la vista, il tatto, l’udito, il gusto) e di avere la capacità di alleviare e confortare, con i gesti, la sofferenza e il bisogno di essere assistito dell’altro. Il vero protagonista dell’assistenza infermieristica è il corpo che ha bisogno di essere preso in cura. La malattia restringe il mondo, lo limita gradualmente al solo corpo malato: allora, una voce rassicurante, due mani esperte, la pelle di un altro a contatto con la propria, diventano le uniche comunicazioni veramente importanti. Lo studio, strutturato su un modello di tipo fenomenologico, si propone di indagare il tema del (con)tatto, catturando le emozioni degli studenti infermieri su come hanno vissuto e rielaborato l’impatto con il lavoro infermieristico. Gli autori ritengono infatti che le esperienze degli studenti infermieri abbiano un ruolo importante: il loro vissuto è ricco di informazioni. È attraverso i loro pensieri che si può rilevare la relazione che si instaura tra il corpo di chi ha bisogno di aiuto e il corpo di chi lo dà. I loro racconti sono un modo per capire come il corpo viene interpretato e vissuto, perché le prime esperienze rimangono impresse nella mente e sono importanti per indagare l’essenza dell’esperienza vissuta nella cura del corpo e di differenziare il nursing work da un semplice intervento tecnico.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.14085/16221
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